A cura di Manuela Moschin
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Visitando il Museo degli Eremitani di Padova sono rimasta colpita da quest’opera di Girolamo di Romano detto Il Romanino (Brescia 1484 c. – 1566) che dipinse l’Ultima Cena. Soltanto Cristo rivolge lo sguardo all’osservatore, mentre le altre figure conversano gesticolando tra loro. Di grande effetto scenico appare la natura morta, eseguita con particolare realismo, dalle ampolle di vino, ai bicchieri, al pane, al piatto di peltro e alle pieghe della tovaglia. Gli elaborati e ampi panneggi sono costituiti da piegature profonde, rappresentate da campiture di colore più scuro. Sono chiari i riferimenti con la scuola veneta di Tiziano, Giorgione e Lotto da cui deriva lo stile espressivo. Il cane situato in basso a destra simboleggia la fedeltà, invece il gatto a sinistra allude alla diffidenza e all’inganno. Romanino si formò a Venezia e a Brescia, diventando uno dei maggiori interpreti della pittura lombarda. Fu anche nel contesto artistico milanese di Zenale e Bramantino che Romanino entrò in contatto. Il dipinto proviene dal refettorio del Monastero di Santa Giustina e si trova al Museo dal 1857.