A cura di Manuela Moschin
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Cristo alla colonna è uno dei massimi capolavori tardi di Antonello de Antonio, conosciuto come Antonello da Messina (Messina, 1430-1479), un pittore che ebbe un ruolo fondamentale nel periodo rinascimentale perché avviò un importante rinnovamento artistico. Riuscì a combinare le tecniche prospettiche di Piero della Francesca con la meticolosità fiamminga, ponendo attenzione alla descrizione minuta dei dettagli e agli effetti di luce. Cristo alla colonna fa parte dei volti dell’Ecce Homo, un termine derivante da una frase che Ponzio Pilato rivolse ai Giudei quando mostrò Gesù flagellato (Vangelo di Giovanni, 19,5):”Gesù dunque uscì, portando la corona di spine e il manto di porpora . Pilato disse loro: “Ecce Homo!” (Dal latino, “Ecco l’Uomo!”)(Giovanni,19,5).
Il Cristo alla colonna del Louvre si allontana dal tema dell’Ecce Homo, in quanto la figura allude al martirio della flagellazione. Colpisce l’espressione patetica di Cristo, il cui sguardo è di dolorosa compassione, accentuata dalla resa realistica delle lacrime e delle gocce di sangue. Le labbra dischiuse, il cappio che gli pende dal collo e i rivoli di lacrime gli conferiscono un’ulteriore potenza drammatica. La rivoluzione di Antonello risiede nel suo marcato naturalismo, evidenziato anche nella precisa resa dei capelli e dei fili di barba. La tipologia del ritratto risente dei modi fiamminghi di Jan van Eyck.
Lo storico dell’arte Giovanni Previtali (1934-1988) nel 1980 si espresse così nei confronti dell’artista: “Caratteri di iperrealismo pellicolare tra fiamminghi e lombardi”.
Ora andiamo a osservare alcuni “Ecce Homo” di Antonello da Messina:
L’Ecce Homo che segue è quello più antico realizzato da Antonello. Scoperto di recente, precisamente nel 1981, riguarda una minuscola tavoletta recante sul retro un’immagine di “San Girolamo penitente.”